Fonti elamiche in età achemenide

Bīsotūn

Bīsotūn segna una tappa sul tracciato dell'antico percorso che collegava Babilonia a Ecbatana (oggi Hamadān) attraverso i monti Zagros. Qui, a nord della via, si erge una scoscesa parete rocciosa in cui il re Dario fece scolpire un monumentale complesso celebrativo. Al centro, un maestoso rilievo lo raffigura vittorioso nell'atto di schiacciare l'usurpatore Gaumata sotto gli occhi degli altri capi ribelli legati. Intorno vennero aggiunte via via le iscrizioni in elamico, babilonese e antico-persiano a commento della figurazione. Nel testo, Dario parla in prima persona e racconta la sua rapida ascesa al potere, ottenuta sedando le molteplici sommosse rappresentate simbolicamente nel rilievo da ciascuno dei capi ribelli. I personaggi raffigurati sono accompagnati da brevi didascalie trilingui, anch'esse aggiunte a più riprese.

Tutto il complesso si trova a circa 66m di altezza, 98m in linea d'aria dalla strada, inaccessibile dal basso perché, terminata l'opera, fu sbancata la parte sottostante della parete, compreso il tratto finale della scala cavata nella roccia e percorsa dai lapicidi. La figurazione misura circa 5.5x3m; tutto il complesso 18x7m. I cunei verticali dell'iscrizione antico-persiana e della seconda versione elamica misurano 2.8cm in altezza, quelli della prima versione elamica 2cm, mentre le linee babilonesi sono alte dai 3 ai 4cm. Dario sapeva bene che nessuno avrebbe più potuto leggere direttamente l'iscrizione, per cui, come ricorda il §70 dell'iscrizione, ne fece distribuire delle copie per tutto l'impero. Non a caso, fra i documenti ritrovati all'inizio di questo secolo nell'insediamento ebraico sull'isola di Elefantina in Egitto, vi sono proprio i resti di una copia aramaica (tardo V sec. a.C.) dell'iscrizione di Bīsotūn.

Il testo fu probabilmente dettato in antico persiano agli scribi che lo annotarono per poi inciderlo, traducendolo meccanicamente in elamico una prima volta a destra della figurazione. Successivamente, rispettivamente a sinistra e al di sotto della figurazione, venne aggiunta prima la versione babilonese, poi quella antico-persiana; poiché quest'ultima sembra tradotta dall'elamico, dobbiamo immaginare che la dettatura originaria fosse andata perduta. L'aggiunta postuma della figura dello scita Skunkha (Skunxa- in antico persiano; facilmente individuabile dal copricapo appuntito) rovinò parte della I colonna dell'iscrizione elamica, rendendone così necessaria una seconda incisione al di sotto della versione babilonese e a sinistra di quella antico-persiana. Sebbene la prima iscrizione sia molto deteriorata, possiamo supporre che le due versioni elamiche fossero identiche. Infine fu aggiunta la V colonna dell'iscrizione antico-persiana. Quanto detto non vale per tutte le altre iscrizioni trilingui di Dario e dei suoi successori, da subito concepite come tali, che hanno la versione antico-persiana come modello.

Le tavolette dal muro di fortificazione di Persepoli (PFT)

Le PFT furono scoperte nell'angolo nord-orientale del muro di fortificazione posto a difesa della terrazza di Persepoli. Lo scavo avvenne negli anni 1933-1934 sotto la guida di Ernst Herzfeld per conto dell'Oriental Institute di Chicago. Le tavolette furono spedite a Chicago dove, dal 1937, sono disponibili per lo studio.

La forma usuale delle tavolette prevede un lato sinistro diritto, con i buchi dei lacci negli spigoli superiore e inferiore, e un lato destro arrotondato o appuntito; in genere, sul fianco del lato sinistro, piatto e leggermente ovale, venivano impressi i sigilli. Le tavolette erano preparate con due sottili lastre di argilla pressate fra loro; in mezzo venivano inserite due corde annodate, con il nodo sistemato grosso modo al centro delle due lastre e le estremità emergenti dagli spigoli superiore e inferiore sinistro.

Le tavolette dalla tesoreria di Persepoli (PTT)

Le PTT furono rinvenute nella parte sud-orientale della terrazza di Persepoli durante gli scavi degli anni 1936-1938 guidati da Erich F. Schmidt per conto dell'Oriental Institute di Chicago. Provengono da un blocco di costruzioni che, in base agli oggetti rinvenuti, è stato identificato come il deposito e l'armeria reale di Persepoli, in pratica la tesoreria, il cui alzato oggi sporge appena dal terreno. Pur essendo sparse anche in altre stanze, la maggior parte delle tavolette fu rinvenuta nella camera rettangolare 33, il cui tetto era sostenuto da dieci colonne disposte su due file. Dalla tesoreria provengono anche diversi mortai e pestelli, iscritti con testi rituali in aramaico, ritrovati alla rinfusa per lo più nella grande camera 38. La causa di questo stato di disordine fu probabilmente il saccheggio operato dai soldati di Alessandro Magno nel 330 a.C., saccheggio che si concluse con un incendio di vaste proporzioni.

La forma delle PTT è simile a quella delle PFT. I lacci presuppongono che le tavolette non venissero poi indurite tramite cottura in un forno, poiché le corde si sarebbero bruciate. D'altra parte tutte le tavolette sono state esposte a fiamme e a calore, ma questo avvenne sicuramente nell'incendio che distrusse la tesoreria. Probabilmente le corde servivano per legare ad ogni singola tavoletta una controparte su pergamena. Perché due corde annodate e non una sola? Evidentemente la corda era avvolta attorno al rotolo e quindi annodata e racchiusa nell'argilla; le due corde uscenti oggi dalle tavolette erano in origine le estremità dello stesso laccio.


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san Giovanni in Persiceto, 28/VII/2000 (conversione Unicode e correzioni 25/II/2001)