Prime giornate orientalistiche cagliesiCagli, 17 aprile 2005
        
Il segno elamico GAM e il cuneo divisore antico-persiano. Gian Pietro Basello, università 'L'Orientale' di Napoli
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Grazie innanzitutto al professor Gherardo Gnoli per avermi dato l’opportunità di essere qui, di partecipare a queste prime giornate orientalistiche cagliesi [e di essermi potuto sedere alla sua scrivania], non solo, ma anche di parteciparvi attivamente, rivolgendomi in prima persona a voi, un uditorio davvero eccezionale, che ringrazio fin d’ora per l’attenzione.

 

In questo mio intervento non intendo proporvi interpretazioni innovative, bensì presentarvi una visione d’insieme di alcuni fenomeni, appartenenti a tradizioni epigrafiche differenti, quella cuneiforme elamica, quella antico-persiana, quelle neo-assira e quella urartea, fenomeni ben noti singolarmente e già accostati in passato a due a due, senza però applicare una sorta di proprietà transitiva tra i paralleli aventi uno stesso elemento in comune. Non mi spingerò fino a proporre parentele o derivazioni: mi basterà che sullo sfondo dell’evoluzione delle singole tradizioni scrittorie del Vicino Oriente possa essere messo a fuoco una sorta di “sentire comune” rispetto alle nuove esigenze sociali e culturali che andavano delineandosi nel I millennio a.C.

 

L’avventura della decifrazione della scrittura antico-persiana mosse il suo primo passo concreto nel 1798. E’ in quest’anno che fu pubblicato il volume De cuneatis inscriptionibus Persepolitanis lucubratio [Tychsen 1798], in cui per la prima volta venne decifrato un segno antico-persiano, non a caso quello attestato con maggior frequenza nelle iscrizioni reali achemenidi allora conosciute, ma la situazione non è mutata oggi dopo i sostanziosi ritrovamenti epigrafici di Susa e Persepoli. L’autore, Olaf Gerhard Tychsen, tuttavia non potè proporre una corrispondenza fonetica con una sillaba o con una consonante, né con una vocale. Il primo segno antico-persiano ad essere decifrato fu infatti il cuneo diagonale, di cui trovate due esemplari nella casella A1 della tavola fotocopiata, cuneo diagonale che svolge sistematicamente la funzione di divisore di parola (con qualche rara e occasionale eccezione in alcune iscrizioni da Susa, ad esempio DSy).

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Si tratta di un’innovazione sostanziale nell’ambito delle tradizioni scrittorie cuneiformi, solidamente ancorate al principio della scrittura continua. Qualche secolo prima la scrittura neo-assira aveva conosciuto alcuni segni con funzione di separatori, i segni GAM e ilimmu4 (riprodotti nella casella A5 [Parpola 1970: p. XX]), formati da un cuneo diagonale rispettivamente a doppia e tripla testa, ma il loro uso era occasionale*, e non dividevano le parole bensì le sezioni di una tavoletta (per risparmiare spazio dove ci si sarebbe dovuto aspettare una linea orizzontale e testo a capo) o dividevano gruppi di segni, specialmente numeri, dove la scrittura continua poteva creare qualche ambiguità di interpretazione [ad esempio in Parpola 1970, n. 185 (ilimmu4) e 188 (GAM)]. L’uso non è sistematico neppure nell’ambito di una stessa unità testuale.

* (3/V/2005) Il professor Simo Parpola ha gentilmente messo a mia disposizione una lista delle occorrenze dei segni GAM e ilimmu4 nei documenti neo-assiri (compilata automaticamente in pochi minuti ma frutto di anni di immissione dati): il segno GAM è attestato 660 volte in 284 diverse tavolette; il segno ilimmu4 711 volte in 217 diverse tavolette. Complessivamente le tavolette in cui è attestato almeno una volta o l’uno o l’altro segno sono 473 (in 28 tavolette sono attestati ambedue). Si tratta di un dato molto superiore a quello da me ottenuto controllando a vista le principali edizioni dei testi, anche se rimane statisticamente esiguo visto che la base di dati supera i 10 000 testi per un totale di 1.5 milioni di parole. La seguente tabella conferma l’occasionalità dell’uso e la non sistematicità anche nell’ambito di uno stesso testo: ogni colonna fornisce il numero di tavolette (seconda riga) in cui l’uno o l’altro dei segni è attestato un dato numero di volte (prima riga). Ad esempio, in 248 tavolette (pari al 52% delle tavolette con questi segni) è presente una sola attestazione (che quindi a priori non può avere funzione sistematica di divisore di parole, fatta salva una eventuale percentuale, verosimilmente minima, di tavolette troppo frammentarie). Viceversa, sarà interessante verificare le due tavolette con 42 e 67 segni separatori.

123456789101112131415
2489037271391273843131
161718192021222324-414243-6667>67
0111001101010
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Come vedete dal titolo di questo intervento riportato nella casella B2, l’assenza di un separatore di parola, in questo caso il nostro spazio, rallenta notevolmente la lettura e la decodifica di un testo scritto, anche conoscendone alla perfezione la lingua. Nonostante la destinazione celebrativa delle iscrizioni antico-persiane, l’adozione di un divisore di parola mi sembra parte di una procedura di “democratizzazione” della scrittura, cui appartiene propriamente il più rilevante fenomeno della diffusione delle scritture alfabetiche, che non a caso trovò nell’espansione persiana un valido mezzo. Si tratta di una tendenza a ridimensionare il peso dell’élite scribale, semplificandone l’iter formativo, in modo da richiedere meno pratica: le ambiguità dovevano essere risolvibili a priori, senza avere necessariamente familiarità con le possibili casistiche combinatorie fra diversi segni o parole.

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Nei moderni repertori di segni antico-persiani, il cuneo divisore viene usualmente presentato in due differenti vesti grafiche. Oltre a quella del cuneo diagonale, più comune, Kent [Kent 1953: 19, §44] presenta anche un cuneo ad angolo, il Winkelhaken dell’epigrafia cuneiforme, attestato limitatamente all’iscrizione di Bisotun. La somiglianza grafica fra cuneo diagonale e cuneo ad angolo è ben nota in Mesopotamia; ma anche nelle tavolette amministrative elamiche dalle Mura di Persepoli i due segni sono facilmente confusi (si veda la casella B5, sigla PFT) [Steve 1992, n. 411]. Nel 1973 Hinz [Hinz 1973: 24] rilevò, seguito con maggior esaustività di trattazione da Schmitt che ha dedicato un’intera sezione del suo Nugae Bagistanenses alterae al Worttrenner [Schmitt 1975: 186-188], che più che in un cuneo ad angolo il divisore di Bisotun consiste in un cuneo diagonale alto solo metà riga. Il cuneo divisore riportato alla fine della linea centrale nella casella B1 mi sembra molto eloquente a questo proposito. La collocazione entro la metà inferiore della riga, con la punta sinistra della testa di cuneo a metà altezza come il vertice di un cuneo ad angolo, aveva causato l’equivoco di un cuneo ad angolo con il segmento diagonale superiore evidentemente poco visibile.

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1Schmitt 1991, tavola 19
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
        

Pochi hanno rilevato che il cuneo divisore dell’iscrizione DNa, collocata nel registro superiore della tomba di Dario a Naqš-e Rostam, presenta le stesse caratteristiche: si vedano gli esemplari riportati nella casella C1, ma c’è l’imbarazzo della scelta [Schmidt 1970, tavola 23].

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DNa linee 30-44 DNa linee 44-60 DNa parte destra

Un interessante parallelo per il cuneo divisore antico-persiano è stato individuato da Diakonoff nelle varie grafie del segno separatore urarteo (riportate nella casella B5) [Diakonoff 1970: 102]. Scrivendo nel 1970, Diakonoff considerava ancora il divisore di Bisotun come un cuneo ad angolo. Ora possiamo affermare che corrisponde perfettamente alla metà inferiore del separatore urarteo. L’antico-persiano poteva ridurre il divisore urarteo (già noto nell’epigrafia assiro-babilonese, si veda ancora la casella A5) in un semplice cuneo diagonale, cosa che non poteva verificarsi nelle altre tradizioni scrittorie cuneiformi senza creare un’ambiguità con il comunissimo segno U. Allo stesso tempo, bisogna sottolineare la distanza fra l’uso antico-persiano e quello urarteo, aggiungendo che quest’ultimo è attestato raramente, in un ristrettissimo numero di testi appartenenti al genere epistolare, su argilla, e mai sistematicamente [Wilhelm 2004: 121; si veda ad esempio König 1955, Inc. 32 e 34].

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Questo non significa, d’accordo con Lecoq, che il divisore di Bisotun rappresenti una forma più antica. Può trattarsi semplicemente di una stilizzazione grafica alternativa, un po’ come la questione dell’Avesta recente e antico di ieri; però, alla pari di una specie di lectio difficilior, questa forma conterrebbe un collegamento più evidente con la sua origine. Non posso quindi condividere, come prosegue Lecoq nel suo esauriente articolo dedicato nel 1974 alle problematiche della scrittura antico-persiana, che la presenza di due varianti grafiche per il divisore antico-persiano sia irrilevante, una mera questione di ‘grandeur’ [Lecoq 1974: 85].

 

Un’altra particolarità del cuneo divisore di Bisotun è quella di aprire e chiudere ciascuna delle 5 colonne dell’iscrizione di Dario, nonché quasi tutte le iscrizioni minori a didascalia dei singoli personaggi raffigurati (tranne DBe – sul gonnellino del presunto Ciassare –, DBh e DBk – Skunkha –; almeno negli ultimi due casi potrebbe essere omesso per mancanza di spazio) (si veda la casella A2, DBg). Questa peculiarità fa pensare che il segno divisore possa essere stato concepito in origine come un determinativo di parola [Hinz 1973: 23], ovvero un marcatore preposto ad ogni parola, come nell’epigrafia cuneiforme assiro-babilonese esistono determinativi per segnalare i teonimi (il comune segno DINGIR) o gli antroponimi (il cuneo verticale DIŠ, di uso meno sistematico).

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Nel quadro di una scrittura continua, i nomi propri (siano essi antroponimi, toponimi, menonimi, etc.) possono infatti creare qualche imbarazzo, soprattutto se non rientrano nell’usuale patrimonio onomastico di una lingua. Ad esempio, nella casella B2 ho fatto ricorso alla grafia maiuscola per distinguere il nome proprio di segno GAM, altrimenti qualcuno avrebbe potuto leggere “il segno elamico G, a me il cuneo divisore antico-persiano!”.

La scrittura elamica dell’ultima fase neo-elamita, quella che attraversa i 150 anni immediatamente precedenti l’ascesa al potere di Dario, sembra essere particolarmente sensibile a questa problematica. I determinativi assiro-babilonesi vengono allo stesso tempo ridotti e diversificati: teonimi, antroponimi e toponimi/coronimi sono sistematicamente distinti da appositi determinativi preposti. L’unico determinativo posposto è il segno MEŠ, che indica i logogrammi e alcune letture che oggi indichiamo come pseudo-logografiche.

Il determinativo di persona elamico estende le funzioni del corrispondente segno del sillabario assiro-babilonese, il cuneo verticale singolo DIŠ: non solo gli antroponimi, ma anche i pronomi personali, i nomi collettivi di gruppi di persone, o i nomi che indicano una carica, ad esempio EŠŠANA ‘re’ sono marcati sistematicamente da tale determinativo, che assume però diverse forme grafiche: mentre nell’epigrafia monumentale mantiene la forma del cuneo verticale, tranne in un’iscrizione del sovrano Hallutaš-Inšušinak* (inizio VII sec. a.C.) dove precede il nome del sovrano [König 1965, n. 77, copia b] (in altri esemplari il determinativo manca [Steve 1987, n. 25] o sembra esserci un DIŠ leggermente inclinato [Malbran-Labat 1995, n. 58, Br. 2456]), su argilla può assumere le forme del segno HAL, due cunei orizzontali consecutivi, forma usuale nelle tavolette amministrative achemenidi, del segno BE, un cuneo orizzontale seguito da un cuneo ad angolo, tipico delle tavolette amministrative dall’Acropoli di Susa, e, più raramente, del segno GAM, un cuneo diagonale a due teste sovrapposte. Questa variabilità coesiste nella tavoletta Nin 13 (si veda la casella B3) [copia in Weissbach 1902; traslitterazione in Hinz 1986], una delle presunte tavolette elamiche ritrovate a Ninive: a distanza di pochi segni, troviamo prima il segno HAL davanti a hu-ut-lak ‘messaggero’, poi GAM davanti ad EŠŠANA ‘re’, quindi, nella linea seguente, ancora davanti ad EŠŠANA, un BE il cui cuneo ad angolo è rappresentato da un semplice cuneo diagonale.

* Si tratta dell’iscrizione erroneamente attribuita a Šilhak-Inšušinak II in Hinz 1973: 23. Tale svista riproduce quella della lista di segni in König 1965, tavola 44, ‘Determinative’, segno GAM, dove si deve intendere ‘Nr. 77, Z. 1’.

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Nin 13 Vaso con écriture nucléiforme

Tutti gli studiosi sono concordi nel ritenere HAL, BE e GAM come varianti grafiche di uno stesso segno originario. Secondo Grillot-Susini [Grillot-Susini 1987: 8], il segno BE con funzione di determinativo di persona rappresenta un’evoluzione elamica grafica e funzionale del segno separatore accadico GAM; secondo Steve [Steve 1988], BE è invece un’abbreviazione per bēlu, ‘signore’ in accadico (una specie dell’abbreviazione italiana “sig.” o dell’inglese “Mr.”), in conformità ad un uso rilevato da Parpola, seppur raramente, anche in ambito neo-assiro.

In rapporto al cuneo divisore di parola antico-persiano, da un punto di vista formale GAM è perfettamente confrontabile con il separatore urarteo.

 

Le prime attestazioni di GAM nella scrittura elamica risalgono alle tavolette amministrative di Tall-e Malyān (circa 1000-900 a.C. ): in TTM I 13:4, 19:4 e 53:3 GAM compare all’inizio di una riga per segnalare la continuazione di un antroponimo interrotto dalla fine della precedente riga (si veda la casella A3) [Stolper 1984: 19]; in TTM I 63:3 troviamo con la stessa funzione il segno ilimmu4 (formato da un segno GAM con una terza testa di cuneo, corrispondente alla cifra 9). Tale uso non è costante: GAM è assente ad esempio nell’antroponimo spezzato fra le linee 3 e 4 in TTM I 10.

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Scendiamo ora ai secoli VII-VI a.C., sul finire del periodo neo-elamita. Nella tavola bronzea di Ururu [inedita, si veda Cameron 1957], GAM compare varie volte davanti agli antroponimi, ma anche davanti alla designazione di gruppo šá-al-hu-ip ‘i nobili’, ad un termine designante il personale del tempio, a KÙ.BABBAR ‘argento’ e davanti a tup-piMEŠ ‘tavoletta’ [Steve 1988; Steve 1992, p. 156, n. 36]. Con quest’ultimo grafia pseudo-logografica ricorre anche nel frammento di vaso inciso con la curiosa écriture nucléiforme (si veda la casella B3) [Scheil 1927], comparabile con le incisioni su vasi in metallo.

 

GAM è attestato con particolare frequenza nella tavola elamica di presagi ritrovata a Susa e pubblicata da Scheil nel 1917 [Scheil 1917], l’unico testo elamico “letterario”, cioè né amministrativo, né legato all’epigrafia monumentale ideologicamente orientata. GAM si trova qui all’inizio di ogni riga, tranne la prima di ciascuna delle sezioni del recto (marcate da linee orizzontali divisorie; sul verso GAM compare anche dopo le due linee divisorie) e tranne le linee 13, 14 del verso e 2, 3 del margine sinistro, in cui si trovano significativamente parole spezzate dalla riga precedente (con qualche dubbio per la linea 13 del verso: Hinz e Koch leggono si-a-na šà-ir). All’inizio della linea 7 del recto, il segno GAM separa UNMEŠ ‘gente’ dal suffisso locativo -ma, che forse era percepito come particella indipendente. Come notava già Scheil, quest’uso va confrontato con quello di DIŠ e BAD (cioè il segno BE) nei presagi assiro-babilonesi, dove segnalano l’inizio di un nuovo paragrafo. Nelle cinque righe sul margine sinistro della tavola, GAM compare all’inizio solo nella prima e nella quarta dove precede rispettivamente lo pseudo-logogramma tup-piMEŠ e ti-pi-ra ‘scriba’.

GAM precede inoltre ogni nome di mese, marcando quindi le singole apodosi mensili.

GAM compare poi prima di ogni logogramma (ad esempio con MUMEŠ ‘anno’, UNMEŠ ‘gente’, DUMU ‘figlio’, ŠE.BARMEŠ ‘orzo’ e il suddetto tup-piMEŠ), sostituisce gli usi del determinativo di persona DIŠ (UK, pu-hu ‘ragazzo’, EŠŠANA ‘re’, il suddetto ti-pi-ra, e davanti al nome dello scriba) e precede il determinativo DINGIR (nel teonimo dIŠKUR).

Poche altre attestazioni di GAM non rientrano, almeno apparentemente, nei suddetti casi, ma il suo uso non sembra essere ‘sans raison particulière, au gré du scribe’ ‘a piacere, capriccio dello scriba’ come notava Scheil; allo stesso tempo, nonostante la frequenza con cui occorre cumulando tutte queste funzioni (anche a colpo d’occhio è facile riconoscere molti GAM nella casella A4), GAM non è propriamente un divisore di parole, come sostenuto da Hinz [Hinz 1973: 23].

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Già Hinz nel 1973 aveva proposto un raffronto fra il segno GAM e il cuneo divisore di parola antico-persiano, senza però passare in rassegna queste attestazioni e usi di GAM in elamico [Hinz 1973: 23]. Lecoq, forse a causa di questa mancanza di evidenza, dissentirà senza alcuna riserva [Lecoq 1974: 39, §2].

 

Mi sono chiesto quindi se, almeno a livello teorico, gli scribi in antico-persiano (lo scriba antico-persiano secondo Gershevitch) potevano essere a conoscenza del segno GAM e delle sue funzioni in elamico? Vi anticipo subito che GAM non è mai attestato nelle tavolette elamiche da Persepoli, a meno che Hallock non l’abbia semplicemente traslitterato come un segno HAL.

Dopo una mattinata afosa sotto il sole ocra di Persepoli, un pomeriggio velato nella piana erbosa di Pasargade invita con maggior entusiasmo alla ricognizione epigrafica delle iscrizioni in situ. Fra queste, nel palazzo P c’è CMc (o DMb se preferite), sul lato nord di uno dei passaggi delle porte [Stronach 1978, tavola 80; vedi anche tavola 81b]. L’iscrizione, originariamente trilingue, era posta sulle pieghe della veste del sovrano, similmente a XPe a Persepoli. Per mia ignoranza, mi sono stupito vedendo che nella versione elamica EŠŠANA ‘re’ era, anzi è, preceduto da GAM, anziché dall’usuale cuneo verticale DIŠ, tipico dell’epigrafia monumentale (se si eccettua l’isolata attestazione di GAM nella suddetta iscrizione di Hallutaš-Inšušinak). Più tardi ho potuto verificare che tale “stravaganza” era nota agli studiosi, seppur non frequentemente richiamata nelle discussioni sulla paternità delle iscrizioni di Pasargade. Steve, facendo riferimento all’iscrizione sul lato meridionale, considerò GAM come un errore isolato [Steve 1988 e 1992: 156, n. 362; si veda già Lecoq 1974: 53, nota 130]. Visivamente però, e in parte anche dalla foto riprodotta nella casella C4, ho potuto verificare che l’uso di GAM è sistematico all’interno del breve testo inciso nell’esemplare in situ: anche davanti al termine hakkamannušiya ‘achemenide’, termine di norma preceduto dal determinativo di persona, si intravede la parte inferiore inclinata dell’asta di un altro GAM.

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Nella stessa iscrizione, troviamo anche una grafia arcaizzante del segno šá che, secondo il sillabario di Steve [Steve 1992, segno šá], non ha altri raffronti nelle iscrizioni achemenidi ma richiama quelle attestate su pietra nelle iscrizioni di Hanni, Atta-Hamiti-Inšušinak (non consistentemente) e su argilla nelle tavolette dall’Acropoli di Susa (non consistentemente), in BM 62783, in un testo di Tepti-Humban-Inšušinak e sul monile aureo di Arjān. L’attestazione di questa forma grafica anche su argilla conferma che non si tratta di una semplice stilizzazione dovuta alla necessità di incidere su pietra. La procedura di trasformazione della forma del segno segue le stesse linee guida (stilemi) definite dal professor D’Erme per i segni antico-persiani (stilema di sovrapposizione) [D’Erme 1990: 69-71].

 

Questi fenomeni che ho presentato sono tutti considerati come eccezioni rispetto alla nostra comune visione dei singoli sistemi scrittorii. Proprio queste (forse apparenti) eccezioni possono essere la chiave per comprendere la regola. L’ultima anomalia che vi propongo, un’iscrizione su basi di colonna recante il nome di Artaserse e ritrovata a Susa (A2Sa; 404-359 a.C.), rivela forse un influsso verosimilmente antico-persiano sulla scrittura elamica. La versione elamica dell’iscrizione, conservata in quattro copie [Weisbach 1890, tavola 16, IV, ‘S’; Steve 1975: 11-15 e 1987: 91-92 e tavola 17], si distingue per un uso estremamente variabile di due o tre cunei orizzontali in successione (segni HAL e cifra 3 ) utilizzati sistematicamente alla stregua di un divisore di parola, anche davanti agli antroponimi (privi dell’usuale determinativo DIŠ), confermando fra l’altro la suddivisione in parole delle nostre trascrizioni sulla base della percezione di uno scriba in elamico del IV sec. a.C. Il divisore manca solo se sostituito dal determinativo con funzioni locative (si confronti anche ša-a[k-ri] in A2Sb, forse un errore). Sulla base dell’aspetto grafico, quest’uso sembrerebbe un’estensione di quello del segno HAL come determinativo di persona nelle tavolette di Persepoli. Tuttavia, una ricognizione sulle copie dell’iscrizione permette di chiarire che i tre cunei orizzontali sono posti a scalare dall’alto in basso, almeno nella parte iniziale dell’iscrizione, poi in alcuni casi solo l’ultimo cuneo è più in basso, quindi tutti e tre sono collocati alla stessa altezza. L’orientamento orizzontale potrebbe essere una stilizzazione dovuta all’incisione su pietra di due o tre cunei diagonali: si noti che l’iscrizione è scolpita senza far ricorso ai cunei diagonali, anche se non mancano i cunei ad angolo. In tal caso ci troveremmo ancora una volta di fronte ai segni GAM e ilimmu4, evidentemente ritenuti i più immediati equivalenti elamici del cuneo divisore di parola antico-persiano in elamico.

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Grazie per avermi ascoltato.

 

Altro materiale

Traslitterazione dei testi presentati

Secondo le rispettive edizioni.

CMa
(casella A1)

(1) adam : kūruš kšāya
(2) θiθa(errore per ya) : haxāmanišiya

DB III:49-51
(casella B1)

(52) ... akunavam : θā
(53) ... kartam pārsaiy :
(54) ... hya bardiya

DNa
(casella C1)

(42) ya :
(51) ma : a
(57) ya : ga

DBg
(casella A2)

: iyam : ciça
taxma : ad
urujiya
: avaθā a
θahā : adam :
xšāyaθi
ya: ami
y : asaga
artaiy : uva
xštrahya
: taumāy
ā :

TTM I 53
(casella A3)

1 MA.NA za-b[ar]
ša Ak-še-i[r(?)- ]
(gam)-in-šu-uš

Nin 13
(casella B3)

hh.hu-ut-lak GAM.LUGAL
-ra-na hw.LUGAL
... des Sendboten des Königs von Harran für den König von Assyrien ...

Vaso con écriture nucléiforme (casella B3)

...at-ni GAM.tup-pi(meš)

CMc
(casella C4)

ku-ráš GAM.EŠŠANA ir(manca primo cuneo piccolo orizzontale)-šá-ir-[ra] GAM(manca parte superiore).[h]a-ak-man-nu-ši-ya-ra

A2Sa
(caselle AC5)

(1) na-an-ri --- ir-tak-ša-aš-ša -- sunkukid - ha-za-kur-ra --- sunkukid --- sunkukid-in-na-ip --- sunkukid - da-a-hu-iš-na --- sunkukid - a-ia-a-e - bu-mi-ia -- da-ri-ia-ma-u-iš-na --- sunkikid-
(2) -na - ša-kur-ri --- da-ri-ia-ma-u-iš-na --- ir-tak-ša-aš-ša-na --- ...

Ringraziamenti

Il presente lavoro sviluppa secondo una diversa prospettiva alcuni dati paleografici elamici raccolti nell’ambito delle ricerche per la mia tesi di dottorato Cultura elamita e civiltà antico-persiana: continuità e trasformazioni. Il confronto con il sistema scrittorio antico-persiano, ispirato dai saggi del prof. D’Erme [D’Erme 1983 e 1990] e per la cui Festschrift era stato pensato originariamente, è maturato all’interno del gruppo di lavoro del progetto DARIOSH (Digital Achaemenid Royal Inscription Open Schema Hypertext), fra i cui membri ringrazio particolarmente Grazia Giovinazzo e Adriano V. Rossi (Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”).

Ringrazio inoltre i professori Pierfrancesco Callieri e Antonio Panaino (Università di Bologna, ramo di Ravenna) per il viaggio in Iran durante il quale ho potuto visionare l’iscrizione CMc. Grazie ai compagni di viaggio Marco Loreti e Nicola Lecchi per il materiale fotografico messo a mia disposizione.

(4/V/2005) Grazie a Simo Parpola e al gruppo di lavoro di State Archives of Assyria (Università di Helsinki) per avermi fornito prontamente la lista di occorrenze dei segni separatori nelle tavolette neo-assire.


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Napoli, 19-20/IV/2005